Garantire ovunque il diritto all’aborto e sostenere centri antiviolenza. Mai più soldi pubblici ai movimenti antiabortisti

La difesa del corpo delle donne è una priorità assoluta. E il diritto all’aborto deve essere garantito concretamente a tutte e in ogni territorio, sia chirurgicamente che farmacologicamente. In questi anni ci siamo battuti strenuamente, a fianco ai movimenti e alle organizzazioni delle donne, perché venissero ritirati i finanziamenti regionali alle associazioni antiabortiste, un fatto inaccettabile. Grazie all’approvazione di una risoluzione a prima firma Toscana a Sinistra, adesso l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica sarà garantita in tutti i consultori e poliambulatori, così come sarà necessario assicurare almeno il 50 percento di personale medico non obiettore di coscienza, assumendolo con concorsi pubblici in caso di carenze. Sono indicazioni approvate dall’aula consiliare e poi riprese in una delibera della Giunta che però devono essere tradotte quanto prima in legge regionale. Ci impegneremo a farlo all’inizio della prossima legislatura. È necessario limitare lo spazio dell’obiezione di coscienza dei medici, individuando meccanismi legittimi, ed effettuare un controllo serrato sul rispetto dell’applicazione della legge 194 e sulle nuove linee guida in materia di aborto che portano a nove settimane il tempo utile di utilizzo della pillola RSU486 su tutto il territorio nazionale, pena il ritiro della concessione a ogni struttura pubblica o privata, presidio ospedaliero o consultorio. La Regione deve anche finanziare la ristrutturazione dei consultori – o la realizzazione ex novo laddove non ancora presenti -, per metterli nella condizione di funzionare concretamente in tutto il territorio e per poter somministrare gratuitamente i contraccettivi.
Tra i punti fondamentali del programma di Toscana a Sinistra c’è anche il sostegno ai Centri Antiviolenza e alle Case Rifugio: sono un presidio fondamentale dove le tante donne toscane vittime di violenza riprendono fiducia nelle loro capacità, competenze e nell’autodeterminazione della loro vita. Ma centralizzare a livello regionale il sistema delle rette non è il modo corretto per sostenere l’attivismo femminista, non a caso anche i coordinamenti antiviolenza Tosca e Ginestra hanno espresso forti dubbi. Noi pensiamo sia invece opportuno ottimizzare il sistema esistente, magari aiutando i comuni ad evitare scelte di destinazione di queste donne in case famiglia o strutture ecclesiastiche che hanno un problema formativo e di approccio verso le loro necessità. La parità di genere è una delle sfide più grandi del nostro tempo. Noi vogliamo vincerla rendendo strutturale il sostegno ai Centri Antiviolenza e alle Case rifugio, anche attraverso come di semplificazione burocratica e amministrativa.